di Virginia Woolf
traduzione di L. Bacchi Wilcock e J. Rodolfo Wilcock
Feltrinelli
pp.158
Ma, direte, noi le abbiamo chiesto di parlare delle donne e il romanzo – che c’entra il fatto di avere una stanza tutta per sé? Quando mi avete pregato di parlarvi delle donne e il romanzo, mi sono seduta sulla sponda di un fiume e mi sono domandata cosa significassero queste parole. Potevano semplicemente significare qualche osservazione su Fanny Burney; qualche nota su Jane Austen; un tributo alla Brontë e una breve descrizione del presbiterio di Haworth sotto la neve. […] Una donna, se vuole scrivere romanzi, deve avere soldi e una stanza tutta per sé, una stanza propria; il che come vedete, lascia insoluto il grande problema della vera natura della donna e della vera natura del romanzo. (pp. 33-34)
Le due conferenze a cui viene
invitata Virginia Woolf nel 1928 a Londra, dal tema Le donne e il romanzo rappresentano un’importante occasione per la scrittrice, per presentare le proprie riflessioni sulla condizione di
subalternità delle donne rispetto a ciò che lei stessa definirà, nel corso del
convegno, un vero e proprio patriarcato
maschile.
Il libro è un saggio sulla
condizione femminile delle donne e sul difficile cammino di emancipazione
connotato dal dibattito politico, culturale e sociale europeo sulla condizione
femminile, a partire dal periodo in cui scrive Virginia Woolf e che percorre tutto il Novecento.
Olio essenziale della verità è ciò che ad un certo punto della
narrazione, Virginia Woolf cerca alla biblioteca del British Museum; scorrendo
una lunghissima serie di titoli la scrittrice scopre che esistono molti libri
scritti da uomini sulle donne.
Assieme alla sorpresa (gradita)
di trovare molti riferimenti sulle donne scritti da uomini, la Woolf avverte al
contempo, una tensione “omicida”, una particolare agitazione negativa che
avrebbe animato la mano di questi uomini attraverso la scrittura, una tensione
che pervade lo stesso racconto della scrittrice. Come spiegare la rabbia con
cui questi scrittori descrivono e narrano per e riguardo le donne? La donna si
rende conto perciò che sono libri assolutamente senza valore per lei.
Scritti attraverso la lente della
rabbia e sull’onda dell’emozione, lei non riesce a trovarci nulla di valore e
quindi di scientifico allo stesso tempo.
Come la lira offusca la ragione, è necessario evitare la scrittura:
attraverso una citazione saffiana riusciamo a comprendere come sia fondante
per la Woolf, discriminare attentamente ciò che si legge, evitando tutto quello
che è dettato solo da un’emotività negativa, in questo caso riferita alle
donne. Una svalorizzazione femminile narrata da uomini che attribuiscono alla
donna un’ «inferiorità mentale, fisica e morale» che conferma una relazione notevolmente dissimile
tra uomo e donna.
Il regime patriarcale è ben
presente tra le fitte righe dei volumi. A far da guida all’intera lettura, sembra
esserci uno specchio esemplare che amplifica o attenua a seconda del giudizio
(negativo) l’immagine della donna.
«Se la donna comincia a dire la
verità, la grandezza dello specchio diminuisce»: questa citazione non fa che
sottolineare l’atteggiamente “vampiresco” che gli scrittori danno nei confronti
del femminile.
Il racconto di Mary Beton (figura
immaginaria nel racconto) è rilevante poiché alla sua morte lascia un’eredità
cospicua a Virginia, di ben 500 sterline. L’aspetto economico è garanzia di
futuro, certamente non dipendente dall’uomo, saldamente organizzato e ben
autonomo per le donne. Un domani su cui poter proiettare le sicurezze di una
riuscita sociale.
«Cibo, alloggio, vestiti mi sono
garantiti»; non sono frivolezze, ma necessità primarie per il cammino di
emancipazione femminile.
«Tra il voto e il denaro confesso
che il denaro mi sembra infinitamente più importante» perché non obbliga ad avere
vincoli di subalternità per una donna.
Quando Virginia, nel terzo
capitolo, ritorna a casa dopo l’ampia ricognizione in biblioteca, il bilancio è
deludente, ma si apre per lei uno scenario di convinzione del tutto nuovo.
Decide nuovamente di “interrogare la storia,” con più determinazione, attraverso,
questa volta, una nuova indicazione di metodo: il soggetto donna deve essere ascoltato.”
E Virginia Woolf scopre che la
letteratura è simile ad una ragnatela legata alla vita ai quattro angoli: le donne hanno da sempre
illuminato la storia, come fiaccole costanti nella vita propria o accanto a
qualcuno, o come oggetto privilegiato di narrazione. Sono state e sono tuttora
figure importanti che hanno contribuito, per la scrittrice, ad uno spostamento
dalla storia alla letteratura.
Anche se negli archivi si può
solo segnalare l’assenza della donna, come se non fosse mai esistita come
entità autonoma, a partire dal nome da nubile che non compare più, Virginia si
impegna con tutte le proprie forze, per interrogare le fonti con una nuova consapevolezza.
Un libro da rileggere perché Una stanza tutta per sé non è solo un
caposaldo della scrittura e del pensiero ideologico di una grande autrice, ma
deve stare nelle nostre biblioteche, nelle nostre case e soprattutto “vivere”
nelle nostre menti, perché le donne ci sono e sono sempre esistite.
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