di Italo Testa
Premio Ciampi Valigie Rosse 2013
pp. 47
I camminatori è una raccolta di poesie legata
al “Premio Ciampi” per la sezione italiana 2013 e per questo edito da Valige
Rosse. O forse sarebbe meglio dire curato e stampato. Questo perché Valigie
Rosse non è in realtà una casa editrice nel senso proprio del termine, quanto
piuttosto uno splendido progetto culturale ed editoriale, indipendente e no
profit. La collana di poesia è nata del 2010 in occasione della scomparsa del
cantautore livornese Piero Ciampi (il nome stesso del progetto viene fuori dai
versi di una sua canzone «Tu avevi preparato/ le tue valigie rosse/ e con tono
deciso/ chiamavi per telefono un tassì») e i volumi che la compongono sono
detentori del premio allo stesso Ciampi dedicato.
Il
premio è composto da due sezioni, una di poesia italiana e una di poesia
straniera, curate rispettivamente da Paolo Maccari e Valerio Nardoni. Si tratta
di una sorta di riconoscimento alla carriera, che ha lo scopo di individuare
voci affermate e solide del panorama letterario piuttosto che scovare poeti
emergenti.
Nel 2013
dunque per la sezione italiana è stato selezionato Italo Testa, poeta e
saggista piacentino classe ‘72, già autore di alcune raccolte di poesia, tra
cui Luce d’alianto, inserita nel Decimo quaderno di poesia italiana della
Marcos y Marcos del 2010, La divisione
della gioia, sempre del 2010 e pubblicata da Transeuropa, l’e-book Non ero io uscito nel 2009 per un altro
interessantissimo progetto culturale come Gammm e Canti ostili pubblicato nel 2007 per Lietocolle. Tra le altre cose
Testa è vincitore di numerosi premi letterari, tra cui i prestigiosi Premi
Montale e Dario Bellezza.
I camminatori è un lavoro incredibilmente
originale. Più un piccolo poemetto che una raccolta di poesie. Si tratta di
piccoli ritratti, quasi dei frame cinematografici (non a caso il testo è
illustrato con le fotografie di Riccardo Barghellini), che ritraggono delle
figure umane inafferrabili e indecifrabili; i “camminatori” che il poeta, come
lui stesso ci dice, ha visto per anni, senza mai riuscire ad afferrarli, solo a
Parigi, tra il 2008 e il 2009, ha potuto «registrarne qualche prima traccia».
Sembrano scenari di fantascienza, figure assurde e irripetibili, che
attraversano le città senza posa, che entrano nei bar, si affaccendano per
strada, abitano i vagoni abbandonati e le stazioni, assaltano i treni; i loro
movimenti sono meccanici, irreali, inspiegabili. Vagano e sfilano senza peso né
forma, eppure, «non danno mai l’idea/ di perdersi/ padroni di se stessi». Sono
personaggi transeunti e transitori, «avanguardie di una nuova umanità»,
metafore della nostra futile necessità, occupano le zone «interstiziali»
dell’esistenza, camminano ai margini. Eppure c’è un senso nella loro follia, un
significato nel loro assurdo procedere. I camminatori siamo noi e sono altro da
noi, sono lo specchio deforme, e per questo più veritiero, che ci riflette,
sono la nostra copia sfatta e fedele. Inutile discostare lo sguardo «ovunque tu
cammini/ camminano».
La
poesia di Italo Testa è una poesia figurativa dallo stile apparentemente
improvvisato e per questo ancora più sapiente. Non esiste punteggiatura, a
determinare il ritmo sono gli accenti, con la predominanza di parole
sdrucciole, che producono una musicalità sincopata, una marcia intermittente e
coinvolgente. I protagonisti sembrerebbero essere i camminatori, gli abitanti
di questo scenario orwelliano, ma più probabilmente è l’io lirico, che
disperatamente cerca di «seguirli», «contarli», «spiarli», addirittura
«fermarli», così come si cerca di fermare il fumo, ed è invece costretto a identificarsi
con essi, a confondersi e mischiarsi, senza trauma né sofferenza.
All’indifferenza del mondo si oppone allora la vitalità del cammino, costante e
inarrestabile, questo procedere frenetico e dirompente, questo scendere e
salire senza sosta, in cui però ci si orienta per istinto. E, pur senza avere
un sentiero, non ci si perde mai, non si sbaglia mai.
E anche
se non so quanto quest’ultima, sottile metafora, potrebbe essere condivisa
dall’autore, la lascio ugualmente a conclusione di questa recensione, perché mi
sembra che renda grazia e giustizia a una raccolta bellissima e allo stesso
tempo struggente.
Social Network