I
dodici mesi che hanno preceduto la tempesta: il 1913 è un anno chiave nella
storia occidentale, dentro il quale si riconoscono i primi segni di
tutto quello che sarebbe stato il XX secolo. Anno spartiacque, chiude i conti
con l’800 classicamente borghese e preannuncia movimenti artistici, correnti di
pensiero, assetti politici che avrebbero sconvolto l’Europa e il mondo.
Il
1913 ha i contorni dei disegni di Kirchner, Matisse e Picasso, la musicalità
dirompente di Stravinskij, il tono di voce dei racconti di Franz Kafka e del
primo romanzo di Virginia Woolf, la forma dei pensieri di Freud e Jung, il
respiro del primo volume di Alla ricerca
del tempo perduto. Il 1913 è elegante come i primi modelli di Coco Chanel,
irriverente come la ruota montata sullo sgabello da Marcel Duchamp, sensuale come la Lady Chatterley di David Herbert Lawrence, passionale come la
relazione tra Oskar Kokoschka e Alma Mahler, vedova di Gustav.
Nel 1913 arriva a Vienna, zoppicante e vestito di stracci, un trentaquattrenne russo che si faceva chiamare Stavros Papadopoulos e che presto diventerà Iosif Stalin. Si chiude in un appartamento a scrivere un saggio dal titolo Il marxismo e la questione nazionale e nelle pause va a sgranchirsi le gambe nel vicino parco del castello di Schönbrunn. Ogni tanto incontra un uomo, un pittore fallito e rifiutato dall’Accademia, che nel tempo libero disegna acquerelli e cerca di venderli ai passanti. Ha ventitré anni e il suo nome è Adolf Hitler. Due delle future più importanti personalità politiche del secolo si incontravano, senza saperlo, sullo stesso prato innevato della capitale austriaca.
Nel 1913 arriva a Vienna, zoppicante e vestito di stracci, un trentaquattrenne russo che si faceva chiamare Stavros Papadopoulos e che presto diventerà Iosif Stalin. Si chiude in un appartamento a scrivere un saggio dal titolo Il marxismo e la questione nazionale e nelle pause va a sgranchirsi le gambe nel vicino parco del castello di Schönbrunn. Ogni tanto incontra un uomo, un pittore fallito e rifiutato dall’Accademia, che nel tempo libero disegna acquerelli e cerca di venderli ai passanti. Ha ventitré anni e il suo nome è Adolf Hitler. Due delle future più importanti personalità politiche del secolo si incontravano, senza saperlo, sullo stesso prato innevato della capitale austriaca.
Il
1913 è eccitante come il viaggio di Rilke in Spagna, piacevole come il primo
film di Charlie Chaplin, furioso come il Futurismo di Marinetti, delicato come
le poesie del quindicenne Bertolt Brecht, innovativo come gli scritti di Döblin
sull’uomo, la donna, la lotta tra i sessi.
1913. L’anno prima della
tempesta
di Florian Illies è un libro che non si dimentica, una narrazione storica
appassionata che appaga tutta la voglia di conoscere un periodo storico e i
suoi cambiamenti, anche i più sotterranei. L’autore è uno storico dell’arte che
qui è fine narratore; come in un romanzo a puntate fa sognare raccontando la
Storia e le sue storie. La maestria con cui sono ritratti i personaggi,
l’ironia dell'aneddoto, la leggerezza dello stile ne fanno un gioiello
letterario da scoprire, perfetto per chi ama i saggi, i romanzi storici, le
biografie.
1913 è l’affresco di un tempo di pace che eppure era già inquieto, aveva i colori del tramonto di un’epoca o forse dell’alba di un nuovo giorno di tempesta.
I paragrafi brevi mettono insieme i tasselli di un anno controverso e rivoluzionario. È alle soglie del primo conflitto mondiale che musicisti, artisti, letterati, filosofi unirono le loro forze in un massimo sforzo creativo e costruttivo, come se, atterriti all’idea di un ciclone che tutto avrebbe distrutto, sentissero il bisogno di edificare.
Edizione di riferimento: Florian Illies, 1913. L'anno prima della tempesta (traduzione di Marina Pugliano e Valentina Tortelli), Venezia, Marsilio, 2013, pp. 302
È il primo istante del 1913. Un colpo echeggia nella notte scura. Si sente un clic, le dita tendono sul grilletto ed eco l'eco sorda di uno sparo. La polizia allertata arriva in fretta e arresta subito il cecchino. Si chiama Louis Armstrong. Il dodicenne di New Orleans voleva dare il benvenuto al nuovo anno con una pistola rubata. La polizia lo mette in cella e il 1° gennaio lo spedisce di prima mattina al riformatorio. È così turbolento che il direttore dell'istituto, Peter Davis, non sa che pesci prendere e istintivamente gli mette in mano una tromba [...] Ed ecco che Louis Armstrong d'un tratto ammutolisce, prende lo strumento quasi con delicatezza e sente di nuovo il freddo metallo sotto le dita che la notte precedente giocavano ancora nervose con il grilletto della pistola, ma, invece di uno sparo, nella stanza del direttore strappa già alla tromba i primi suoni caldi e selvaggi.
Ovunque, nel 1913, l'arte avanza verso l'astrazione. Tutti [...] ciascuno per la propria strada, cercano di liberarsi sempre più da ogni rimando alla realtà. E poi, a Parigi, c'è quel Marcel Duchamp, un giovanotto beneducato dal carattere introverso che d'un tratto non vuole più dipingere.
La prima del Sacre du printemps, opera d'arte di musica e danza, fu un evento che elettrizzò tutta Parigi e la cui onda d'urto si propagò fino a raggiungere Mosca e New York. Quanto accadde la sera del 29 maggio tra le 20 e le 22 è uno di quei rarissimi momenti nei quali i testimoni oculari sentono di assistere a un evento epocale.
A Monaco, Oswald Spengler continua a lavorare febbrilmente alla sua opera mammut Il tramonto dell'Occidente [...] Splengler vive la stessa condizione dell'Occidente. Il suo diario: una tragedia. Scrive: "Non c'è mai stato un solo mese in cui non abbia pensato al suicidio". E ciò nonostante: "Una cosa posso dire: interiormente ho vissuto forse più esperienze di qualsiasi altro uomo del mio tempo".
Claudia Consoli
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