di Michel
Houellebecq
Bompiani
traduzione di V. Vega
pp. 252
€ 17,5
Sottomissione di Michel Houellebecq non è un libro come tutti gli altri. Non lo può essere perché noi tutti, in quanto donne e uomini che vivono in un universo contingente, non possiamo non fare i conti con la realtà. E della correlazione, più voluta e propagandistica che, ovviamente, determinata da una volontà precisa dell’autore, tra i fatti di Parigi, il massacro nella redazione di Charlie Hebdo e nel supermercato casher, e l’uscita del libro, avvenuta proprio il 7 gennaio 2015, difficilmente si potrà prescindere, ma si dovrà prescindere. Sottomissione è solo apparentemente un classico esempio di distopia, in cui si descrive l’affermazione del partito della Fratellanza Musulmana, capitanato da Mohammad Ben Abbas, brillante politico, uomo colto e raffinato, alle Presidenziali francesi del 2022. Questo è stato il “messaggio” passato dai Media, di tutto il Mondo, “Ben prima del romanzo, è arrivata la leggenda”: così giustamente afferma Pierre Assouline su La République de livres.
Ma di cosa tratti esattamente Sottomissione non è affar facile da dirsi, né io ho la presunzione di arrogarmi il diritto di tuonare su “che cosa sia questo libro”. Ma posso dirvi cosa questo romanzo non è, almeno per me: non è un pamphlet, non è un saggio e ben che meno un testo di carattere politico-filosofico. Se dovessi azzardare un’ipotesi, direi che questo libro ha tutte le caratteristiche per essere definito una “storia comune con grandi domande”, un romanzo (lo si intuisce sin dalle prime pagine), anzi per così dire, un para-romanzo all’opera di Joris Karl Huysmans. Sì, perché François, il protagonista del romanzo, quarantaquattrenne professore di letteratura francese del diciannovesimo secolo alla Sorbonne, è un uomo che trascorre nel ventunesimo secolo una vita, per certi aspetti, parallela a quella dello scrittore di À rebours. François “deve” il suo posto di professore ad una tesi di quasi ottocento pagine proprio su Huysmans, tesi e il successivo libro dedicato ai neologismi proposti dall’autore, definito dalle stesso François come il “picco della propria creatività intellettuale”. Da lì assistiamo per bocca dello stesso protagonista a un lento e inesorabile scivolamento (parallelo non soltanto a quello di Huysmans, ma, per certi aspetti e più in sordina, anche a quello della Francia intera): assenza totale di rapporti con i genitori, incontri carnali passeggeri che si diradano sempre più e la terrificante, seppur espressa con pacatezza, impressione che egli sia “un uomo assolutamente normale”.
Sullo sfondo si staglia la situazione politica francese che vede protagonisti della sfida per l’Eliseo Marine Le Pen, leader del Front National contro Ben Abbas, capogruppo del partito islamico moderato di Francia. Come finiscano le cose lo sappiamo già, ma non è questo il punto, perché da qui, dal momento in cui la Fratellanza Musulmana vince, con un’inedita alleanza con l’UMP e il Partito Socialista Francese (realizzando de facto la fine del sistema partitico tradizionale, mutuato dalla Rivoluzione Francese, centrato sulla divisione tra Destra e Sinistra) che si scopre la grande illusione: la società occidentale-europea è già morta da tempo, lo aveva intuito Huysmans in un momento nel quale gli eserciti delle potenze europeo dominava il mondo e lo scopre oggi (anzi domani l’altro), piano piano, con i propri occhi, anche François.
In Francia, tramite un procedimento lento ma inesorabile, le cose cominciano a cambiare. In maniera per certi aspetti molto elegante, Houellebecq parte dalle cose minime, eppure biologicamente connaturate alla società occidentale contemporanea: la parità tra i sessi e il sesso ovunque. Perché Sottomissione è anche un libro sulla sessualità. Il nuovo codice islamico prevede un abbigliamento più casto ed allora il protagonista, poco prima del secondo turno del ballottaggio, riflette, passeggiando per Parigi:
Quella piccola nera con i capelli ricci, culo sagomato dai jeans, che aspettava l’autobus 21, poteva sparire; era sicuramente in procinto di sparire, o quantomeno, di subire una pesante rieducazione.
Dalla sessualità sempre esibita e mostrata ad una più nascosta e velata parte il viaggio verso la fede del protagonista, viaggio paradigmatico a quello dello scrittore-feticcio Huysmans. Le donne ridiventano regine della casa: non si dovranno più districare tra famiglia e i mille impegni lavorativi, tornando poi stravolte a casa, ma passeranno la giornata ad allestire il il set ideale per accogliere il marito, ammaliandolo con gustosi piatti e seducendolo con intimi sempre più provocanti.
Senza raccontare altro del libro (sarebbe noioso e quantomeno fuorviante leggere un libro attraverso qualcun altro) il nucleo del romanzo è racchiuso, come una sorta di pietra preziosa in un piccolo reliquario, nel ragionamento che Radiger, brillante professore francese in procinto di divenire il nuovo Rettore della Sorbona, fa a François:
È la sottomissione, l’idea sconvolgente e semplice, mai espressa con tanta forza prima di allora, che il culmine della felicità umana consista nella sottomissione più assoluta. (…) Per me c’è un rapporto tra la sottomissione della donna all’uomo come la descrive Histoire d’O e la sottomissione dell’uomo a Dio come la contempla l’Islam.
Poche righe in grado di destabilizzare noi, il protagonista e l’Occidente intero? Forse qualcuno di questi attori sì, forse no, ma sicuramente non lasciano indifferenti. Houellebecq riesce con levità, con un linguaggio semplice (ben trasposto nella traduzione italiana a cura di Vincenzo Vega) a metterci davanti enormi concetti: il vero scontro di civiltà, se vi dovrà essere, non è tanto tra Cristianesimo e Islam, ma tra vita laica nel solco dell’Illuminismo e vita piena di fede e ricca di valori tradizionali. Famiglia, fede e unità, questa la ricetta di Ben Abbas il quale infatti non vuole, per fare un paragone sbagliato e irriverente, come al-Baghdadi costituire un Califfato Islamico, bensì ha in mente la ricostituzione dell’Impero Romano, attraverso una costituzione dell’Unione Europea che saldi i Paesi del Nord con quelli del Sud, in particolar modo quelli del Mediteranneo: Marocco, Tunisia, Turchia, Libano, Egitto ed anche Libia. Arrivati ad essere “I Romani della decadenza”, per citare il celeberrimo dipinto di Couture, gli europei quindi possono vedere come unica speranza di trovare una centralità nel “grande Mondo globale” questo leader musulmano: in fondo non fu proprio Filippo l’arabo, imperatore romano, a festeggiare il millennio dalla fondazione di Roma? Nella decadenza, riscoperta lenta della fede e cambiamento di prospettive dell’autore, si possono allora rintracciare le vie per una nuova Europa mediterraneo-centrica?
Sottomissione è perciò un romanzo di agile lettura ma di pesanti significati e domande, domande che non si possono porre con facilità a chi è nato e cresciuto nelle social-democrazie europee. Rimane una sensazione strana dopo che lo si è letto. Si ha, palpabile, l’impressione di essere di fronte ad una grande opera, ma si è anche corrosi da un dubbio: sono solo boutade letterarie o Houellebecq e con lui noi tutti, dobbiamo veramente credere che la salvezza dell’Occidente possa essere quella di sottomettersi serenamente e far sì che le donne ritornino solo ad occuparsi delle faccende di casa? Probabilmente no - e l’Europa troverà le risorse per questa crisi, economica e di valori che l’attanaglia, magari incorporando con intelligenza le altre culture (cosa che in fondo nei momenti di grandezza ma anche di difficoltà ha saputo fare con profitto, basti pensare ai rapporti tra Grecia e Roma o dei Normanni con gli Arabi di Sicilia). Ma l’inquietudine rimane, quel senso un po’ millenaristico e un po’ da psicosi collettiva di “fine dei tempi” resta: resta perché, come avviene per un personaggio del romanzo, una conversione, “un sovvertimento dei sensi”, può avvenire anche al Café Métropol di Bruxelles. Che tra le spire vegetali della Belle Epoque possa aggirarsi la fine dell’Europa per come la conosciamo?
Mattia Nesto
Social Network