di Marco Taddei e Simone Angelini
Bel-Ami Edizioni, 2013
Prefazione di Ratigher
pp.113
€ 10,00
Checché se ne dica in giro, alla fine gli esseri umani sono creature buone o perlomeno alla continua ricerca della bontà. Nonostante i dati a nostro sfavore, siamo portati istintivamente a credere che negli altri si celi sempre e comunque qualcosa di buono, forse per illuderci che anche noi in fondo non siamo così schifosi come ci sembriamo allo specchio. È per questo che da millenni gli uomini tentano di familiarizzare con animali pericolosissimi (grizzly, rinoceronti, gatti) che spesso finiscono per ucciderli, e sempre per lo stesso motivo tendiamo spesso nei film horror a giustificare il mostro attraverso fragili letture psicanalitiche o a rivestirlo di quella tenera fragilità tutta umana come se la creatura di Frankenstein fosse in realtà un gigantesco orsetto del cuore.
Anche in "Altre storie brevi e senza pietà" di Marco Taddei e Simone Angelini (Bel-Ami Edizioni, 2013) il nostro sguardo è portato a trovare la bontà negli occhi dei suoi protagonisti. Che sia un bambino dagli strani poteri, dei diavoli o un'enorme mosca iscritta a Facebook, noi lettori siamo obbligati a confrontarci perennemente con il loro occhi, cercando di scorgere quel barlume di bontà che invece non giungerà mai. D'altronde il titolo lo mette in chiaro sin da subito: qui non troverete pietà alcuna e pietà non riceverete mai in cambio. Lo sa bene il giornalista protagonista della storia che chiude il volume, costretto dal suo direttore a intervistare il Tristo Mietitore in persona in occasione dell'uscita della sua autobiografia "Anche la Morte ha un cuore". Per tutta la durata dell'incontro, l'intervistatore cerca di trovare il lato umano della Morte, ma deve purtroppo confrontarsi con un personaggio privo di umanità e soprattutto conscio dell'importanza che il cieco destino riveste nelle vite degli uomini.
Il fumetto di Taddei e Angelini è difatti il racconto di un mondo liberato dal dovere della ricerca di un lieto fine e finalmente esposto con lucidità davanti alla forza inarrestabile del destino. I protagonisti di "Altre storie brevi e senza pietà" sono mosche che ronzano attorno a una striscia di carta moschicida, strumento letale e affascinante con cui il destino prende forma nelle loro (nostre) vite. Quella striscia appiccicosa è sì un artificio narrativo inserito nella quotidianità eppure - proprio perché oggetto ricorrente - è un elemento naturale e mai estraneo al loro habitat. Con la stessa, duplice natura di oggetto di scena e artificio narrativo si manifesta così l'impietoso destino sui personaggi del libro, che si immolano sull'altare di una storia che non può trovare finale diverso da quello scritto e disegnato sulle pagine.
I testi di Marco Taddei e i disegni di Simone Angelini vivono di caratteristiche comuni. I dialoghi scarni si riflettono in uno stile visivo essenziale che - così come i racconti - non ha paura di passare nel giro di una vignetta dall'infinitamente piccolo all'infinitamente grande. Di conseguenza il tratto impietoso e il bianco e nero che trova la sua originalità nell'uso delle campiture grigie, ben si sposano con le atmosfere raggelate della narrazione
Eppure "Altre storie brevi e senza pietà" non è un fumetto pessimista. Nel mettere in scena questo realistico teatro del destino, i due autori escludono qualsiasi forma di giudizio morale e usano abbondanti dosi d'ironia, senza togliere la felicità ai propri personaggi, una felicità anch'essa purgata dal bisogno di lieto fine e libera di mostrarsi in tutta la sua meschinità e in tutto il suo egoismo. Proprio come la nostra.
Matteo Contin
Riproduzione dell'immagine autorizzata dalla casa editrice
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