La prossima volta
di Holly Goddard Jones
Fazi, 2015
pp. 471
€ 17.50
La città di
Roma, stato del Kentucky non ha niente dell’Urbe
Eterna. Tutto è provvisorio e temporaneo, al marmo imperituro si sostituisce
il legno marcescibile, al posto dei grandi personaggi che nutrono il mito vi
sono pallide ombre che percorrono vie senza nome, viali senza personalità e
strade senza uscita. Roma è, per quanto ci è possibile sapere, l’estrema
silloge di tutte le province americane: tranquilla, sonnacchiosa e opaca. Ma si
sa, qualsiasi pittore da quattro soldi lo sa: quando la linea del grigio si ispessisce,
qualora si formano dei grumi, dal grigio si passa al nero, dalla tortora ecco il corvo, dalla noia si passa
alla morte, in un, rapido, battito d’ali o svolazzar di pennello. La prossima
volta narra appunto di questo: di una morte nata dal grigio della noia, di un
nero venuto fuori dal lezzo e dal marcio di una vita di provincia.
Holly Goddard
Jones, una delle più autorevoli e già mature voci della letteratura statunitense
contemporanea, raccoglie in questo romanzo (poderoso ma molto scorrevole) un
coacervo di tensioni e di argomenti che, seppur siano i temi ormai classici del
provincialismo americano, delle scuole di basso livello, della forte differenza
sociale e delle esistenze che scorrono dritte e senza scossoni come i treni che
portano i viaggiatori dal Pacifico all’Atlantico, li rimescola con tratti
moderni, con uno stile nuovo, che invece di impostarsi su quello della “novella
americana” o, ancor peggio, dello stantio “thriller psicologico” si alza in
volo e ci porta verso dimensioni inesplorate.
Innanzi tutto vi
è da registrare quello che, in maniera un po’ altisonante, si può descrivere
come “la lotteria del punto di vista”. Per una vicenda tutto sommato semplice,
il fortuito ritrovamento da parte di una ragazzina tredicenne di un cadavere di
una giovane donna, si innesta, capitolo dopo capitolo, un susseguirsi di punti
di vista, dove, si badi bene, il lettore non si perde ma, continuamente, si
ritrova. In un capitolo viene presentato, in prima persona, il punto di vista
della ragazzina tredicenne. La narrazione proseguo quindi per un po’ su questo binario
e poi, dolcemente, “sbanda” e ci si trova catapultati dentro il corpo e la
testa (ed una buona sezione di cuore) dell’insegnante della ragazzina. E così
via. Ne viene fuori un libro vivo, che proprio come la natura dopo un’abbondante
pioggia, è tutto un continuo “sbocciare, spuntare e fuoriuscire”. Continue zone oscure
pullulanti di vita che non soggiacciono ad un mero sperimentalismo, bensì che
sono parte integrante dell’impianto narrativo.
Impianto narrativo
tenuto sapientemente insieme da Holly Goddard Jones con, ad esempio, l’insistenza
sulle descrizioni e similitudini di tipo olfattivo. Poche volte uno scrittore è
stato tanto “di naso”. Al troppo spesso reiterato descrittivismo fine a se
stesso di molti autori, la scrittrice qui usa l’olfatto per guidarci, come una
sorta di cane poliziotto, verso la “pista” giusta: è un romanzo di odori e di
sensazioni, di profumi che sono sempre o deliziosi o nauseabondi. Proprio come
il nero che nasce dal grigio, si sono tutti i colori della tavolozza in questi coni d’ombra.
La traduzione di
Silvia Castoldi, scorrevole e senza asperità, fa sì che il libro scorra veloce,
anche perché non vi sono parti eludibili, ma sono tutte zolle di un terriccio
troppo vivificante per non essere esplorato palmo a palmo.
Da un certo
punto di vista forse qualcuno accosterà le atmosfere insite in un questo libro
edito da Fazi con serie televisive di grande successo quali Twin Peaks e la più recente True Detective. Se si prende il dato “geografico”
siamo su latitudini molto similari al capolavoro di David Lyinch e la cupezza,
le tirate filosofiche e la misoginia del Rust
interpretato da Matthew McConaughey paiono abbastanza distanti. D’altro canto
la sensazione di vite senza speranza che vengono raccontate nel libro, non si
discostano troppo dalle spigolose vicende della serie firmata HBO.
La scrittura di
Holly Goddard Jones, come spesso avviene per gli autori più importanti della
letteratura americana, non è particolarmente ricercata o raffinata eppure, vi sono determinati, che paiono quasi impossibile, visto la linearità di poche
righe prima, quasi come “cercare di guardare
tra gli alberi e vedere la curvatura della terra” che la linearità si spezza e si va "dietro agli dei". Sono proprio questi
momenti, quasi allucinati, che il lettore, una volta che la vicenda, tra uomini
sovrappeso che conducono una vita sempre uguale a se stessa, giovani rampolli
con molti più dubbi che certezze e donne che non fanno a tempo ad aprire i loro
petali che sono già, irrimediabilmente, sfiorite, sono proprio questi momenti
dicevo che il lettore al momento della chiusura del libro si porta con sé.
Proprio come, in
una notte senza luna, si sale a bordo di una Camaro, troppo grande per la
propria statura, e si spinge sull’acceleratore con tutta la forza disperata di
una vita già inutile. Si tira fuori una
mano e la si lascia contorcere alle sferzate del vento freddo della notte:
chissà che alla fine a contare in una vita siano solo i viaggi e non le
destinazioni.
Mattia Nesto
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