di Marco Steiner
Sellerio, 2015
pp. 288
€ 14
C’era una volta Hugo Pratt e poi c’era una volta… anzi no, Corto Maltese è immortale. Semmai ecco un ragazzo di bottega, Marco Steiner, bottega di Pratt, che ha preso a pubblicare con Sellerio romanzi che affondano nella prima adolescenza di Corto. Marco Steiner può permetterselo perché fra un rito vudu e l’altro, o forse maori, il destino gli ha concesso di diventare il principale collaboratore del grande fumettista. E da quest’ultimo, a forza di immergersi in ricerche e filologia, ha mutuato la capacità di raccontare.
Ecco allora, dopo “Il corvo di pietra”, gaelico e sicilianissimo, la nuova avventura di un Corto che sta facendo esperienza: in “Oltremare” si balla il sirtaki, si fumano narghilè e si risale il Mekong. Dall’Egeo a Istanbul, da Venezia ad Angkor. Corto Maltese è il simbolo complessivo di un desiderio di viaggio e conoscenza. E la conoscenza è evoluzione, è qualcosa di alchemico che progredisce, si trasforma. Corto apre porte, Corto è la curiosità. È un modo di essere grazie al quale si entra in mondi diversi.
Il primo universo che Marco Steiner ha voluto rivelarci sono state le trovature, ne “Il corvo di pietra”, queste fenditure rocciose, anfratti dove le famiglie siciliane a ogni ondata di invasori nascondevano i tesori a loro più cari. Il secondo, sempre in questo romanzo d’esordio, è stato il cibo come formula magica grazie a un cuoco che si chiama Ciccio Sultano. Insomma, non si resta indifferenti dinanzi a un simile nome.
Adesso cosa fa Marco Steiner? Apre la porta del Mediterraneo, che uno dice: va be’ è il mare nostrum. Si fa presto a concludere così, per il semplice fatto che mai pensiamo seriamente al Mediterraneo. Non sarà il Pacifico ma va da Gibilterra a Beirut, un bel salto, e in mezzo ci stanno le due culle della civiltà: Roma e Atene. Dunque, grazie a Marco Steiner e alla prima parte di “Oltremare” torna in mente che anche il Mediterraneo è un luogo dell’anima e che sono i luoghi dell’anima a piacere a Corto Maltese. Fin quando era un ragazzetto costretto, a causa delle peripezie a cui va incontro il padre contrabbandiere, a viaggiare con un padre putativo, Robart Kee, marinaio dell’isola di Man, e il figlio di quest’ultimo, Bertram. In mezzo al Mediterraneo d’altronde, il nome non tradisce, ci sta questo arcipelago: Malta. È qui che è nato Corto, da una donna di origini zingaro-andaluse impregnata di ebraismo che un giorno ha incrociato un filibustiere della Cornovaglia.
Il Mediterraneo si trasforma in un ponte fra uomini e genti e i commerci che vi si svolgono non sono tutti idilliaci. Anzi, sarà a causa del sole o a causa dei venti o a causa di qualche vascello attico affondato, s’incrociano ambigui mercanti d’arte e strani personaggi in cerca dell’elisir di lunga vita. Proprio per accontentare un nobile inglese innamorato delle pietre alchemiche della giungla del sudest asiatico, la ciurma comandata da Robart Kee si trova nel cuore di tenebra dell’Indocina. Perché il viaggio, attenzione, non è solo un girovagare, ma sono le persone incontrate.
Così, come un capitano Kurtz di un altro continente, di un altro fiume, di altre mangrovie, Robart Kee, con Bertram e Corto, si trova a risalire un bacino fluviale misterioso e spossante per aiutare il popolo Khmer a combattere i francesi. Anche i Khmer hanno la loro saggezza ancestrale, Corto ci entrerà in contatto anche a seguito di un fatto tragico, hanno i loro saggi del tempio, serpenti e creazioni. Se serve, l’oppio sistema molti malesseri. Così Steiner ci fa scoprire che a tutte le latitudini esiste una Conoscenza - notare la C maiuscola - e che nella storia siamo stati, noi europei intendo, degli autentici presuntuosi a voler imporre la nostra.
Nel suo bildungsroman interiore, Corto, con questa nuova avventura, matura un bel po’ del suo spirito anarchico, l’arma migliore per fronteggiare colonizzatori e sfruttatori. Corto è giovane ma impara in fretta: la libertà di un popolo con storia e dignità vale il rischio di una vita. Adesso a Marco Steiner spetta un compito ulteriore: riportarlo verso casa. Scommetto che in qualche modo, la chiusura del cerchio, o la non chiusura - che forse è ancora meglio - riserverà la scoperta di altre suggestioni.
Marco Caneschi
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