di Carlos Ruiz Zafón
traduzione di Bruno Arpaia
Oscar Mondadori, 2015
(I ed. Mondadori, 2008)
traduzione di Bruno Arpaia
Oscar Mondadori, 2015
(I ed. Mondadori, 2008)
pp. 652
€ 6,90
Dopo il formidabile L'ombra del vento, romanzo di apertura della tetralogia del Cimitero dei libri dimenticati, Carlos Ruiz Zafón, prosegue il suo viaggio in una Barcellona arcaica e spettrale con Il gioco dell'angelo.
Nonostante questo libro sia un sequel, i suoi eventi si collocano in un periodo che precede quelli narrati ne L'ombra del vento: in una Barcellona tenebrosa degli anni Venti si delineano, infatti, le vicende di David Martín, un ragazzo la cui brama più profonda è quella di diventare uno scrittore, tanto da votarsi anima e corpo a questo sogno. Dopo aver avuto grande successo con la pubblicazione di alcune opere scritte utilizzando uno pseudonimo, David incontra l'enigmatico editore francese Andreas Corelli, che gli propone di comporre l'opera della sua vita adoperando il suo nome vero. Spinto dalla vanità e dalla prospettiva di diventare ricco, il ragazzo accetterà l'allettante proposta, ma da quel momento prenderanno il via una serie di imprevedibili avvenimenti che muteranno per sempre il corso dell'esistenza del giovane.
Negli ultimi quindici anni Zafón (l'autore spagnolo più letto al mondo dopo Miguel de Cervantes) è riuscito nella mirabolante impresa di costruire un mondo magico ed inaspettato, un universo che ha come protagonisti i libri e nel quale ogni volume costituisce una storia completa, che può essere letta senza la necessità di rispettare l'ordine cronologico di pubblicazione. I 35 milioni di copie vendute finora dei primi tre titoli della saga testimoniano il successo di queste storie ambientate in una Barcellona offesa e ferita dalla guerra, e fanno pensare ad una
"Gigantesca cattedrale gotica, fatta di parole",
come ha avuto modo di descriverla il suo autore.
Questa monumentale costruzione è il risultato di un formidabile impianto narrativo, di innumerevoli personaggi, di atmosfere spettrali mescolate ad eventi storici realmente accaduti e avvenimenti incredibili.
Sulla tecnica narrativa che sostiene il magico mondo del Cimitero dei libri dimenticati, però, lo scrittore ha sempre tenuto un atteggiamento ermetico:
"Questo è il mio lavoro, non c'è bisogno che il lettore veda i cavi o sappia per quale calcolo matematico non crolli tutto".
In questo episodio Daniel Sempere, protagonista de L'ombra del vento, non è ancora nato, ma nel corso della narrazione troveremo tante personalità che ci avevano già accompagnato in precedenza, e ne scopriremo di nuove ed importanti per lo sviluppo della trama, come Isabella, la madre di Daniel.
"La giustizia è un artificio della prospettiva, non un valore universale".
Le parole di David, che narra in prima persona i fatti, ci conducono di nuovo nel cuore di una Barcellona maledetta, una città fatta di luci e ombre, cattedrali e palazzi, vicoli e grandi viali che formano un labirinto di ombre. Una città dei maledetti che sembra bellissima, ma solo se osservata da lontano.
La crescita di David sarà un viaggio mistico e doloroso che lo tramuterà in una sorta di moderno Dorian Gray, in un epilogo in cui pare che il male arretri, ma solo per lasciare in dono al ragazzo una sorte ancor più infausta di quella che l'ha condotto fin lì.
La narrazione di Zafón è, come sempre, molto potente e coinvolgente: vivissime sono le descrizioni del Cimitero dei libri dimenticati, ispirato ad un grande hangar di libri vecchi, Acres Books, che è esistito realmente nel centro di Long Island.
Agli occhi dell'autore
"(...) sembrava una catacombe, una caverna di tesori. Non c'è più. Smantellata, come molte altre librerie dell'usato. Quasi ci fosse una brigata notturna che cancella la memoria per sostituirla con un reality e altre stupidaggini (...)."
Coloro che hanno amato le opere dello scrittore spagnolo non rimarranno delusi da questo lavoro, anzi, saranno ancor più curiosi di proseguire il viaggio e di concluderlo con Il prigioniero del cielo e l'opera che ciude la tetralogia e che è stata pubblicata da pochi giorni, Il labirinto degli spiriti.
Quello che Zafón pare volerci sussurrare anche in quest'opera è che quanti nel corso della propria vita si sono rifugiati almeno una volta in una libreria che ricorda quella di Sempere e figli, sanno quanto sia importante leggere perché le idee degli uomini che hanno incominciato il loro cammino su questa Terra prima di loro continuino a vivere, perché le loro esistenze riecheggino in quelle di chi ancora prende in mano i libri e ne sfoglia le pagine, alla ricerca del significato che si cela dietro a quel magico odore di carta e inchiostro.
"(...) Il signor Sempere credeva che Dio vivesse un po', o molto, nei libri e per questo dedicò la propria vita a condividerli, a proteggerli e ad assicurarsi che le loro pagine, come i nostri ricordi e i nostri desideri, non andassero mai perdute, perché credeva, e fece credere anche a me, che finché fosse rimasta una sola persona al mondo capace di leggerli e di viverli, sarebbe restato un frammento di Dio o di vita (...)".
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