Teorema dell'incompletezza
di Valerio Callieri
Feltrinelli, gennaio 2017
pp. 345
€ 18 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)
Sul numero di settembre 2015 de IL, il (bellissimo) inserto mensile de Il Sole 24Ore, in due approfonditi articoli, il primo di Christian Rocca (il pezzo è disponibile qui), il secondo a firma di Matteo Marchesini (qui, si analizzano con dovizia di particolari il perché in Italia, da molto tempo a questa parte, si stia inseguendo il cosiddetto modello archetipo del GRA, ovvero del Grande Romanzo Americano in salsa nostrana. Senza citare gli autori, sia americani che italiani, presi ad esempio dai due giornalisti del Sole, la tesi era preossoché identitica: gli scrittori di casa nostra sono affetti da, almeno in larga misura, una megalomania identitaria, che non li rende mai abbastanza in grado di costruire grandiose architetture narrativa alla stegua, tanto per fare un nome che conoscono tutti, di un DeLillo d'oltreoceano. Naturalmente i due pezzi, essendo datati settembre 2015, non potevano ancora conoscere né il libro di Albinati (che noi abbiamo recensito qui) né, o almeno non pare lo abbiamo considerato, questo Teorema dell'incompletezza di Valerio Callieri, libro vincitore del Premio Calvino 2015, in uscita il prossimo 12 gennaio per Feltrinelli. Probabilmente se si fosse preso in disamina il libro in questione la conclusione sarebbe potuta essere differente: infatti Callieri riesce a mettere in piedi un'opera perfettamente italiana ma dal respiro internazionale, che affonda le radici nella storia pubblica e segreta del nostro Paese, mescolando sapientemente dimensione intima, immaginario pop e introspezione psicologica in un esordio per Feltrinelli destinato, lo diciamo ora senza rischio di essere smentiti, a fare il più classico dei "botti".
Ma andiamo ad analizzare i motivi di questa deflagrazione letteraria.
Sin dalle primissime righe è come se lo stile, il debordante stile di Callieri, uscisse letteralmente dalle pagine. L'autore infatti con un elenco serrato e senza fiato mette subito in guardia il lettore: lo stile è nervoso, si muove a scatti, eppure è al contempo fluido e armonioso, agglutinante verrebbe da dire, avvolgente volendo, e si percepisce, immediatamente, una certa risonanza romana, nell'accezione più alta della città eterna, città per eccellenza che tutto fagocita, tutto reinventa, tutto riutilizza per la sua grandiosità. Ed ecco che le vicende di due fratelli che indagano sulla misteriosa morte del padre non possono che avere come sfondo le vie della Roma popolare e borgatara, senza ansia del racconto a tutti costi sociale/socialisteggiante di Pasolini, ma con tutta la voglia di un ragazzo di gridare al mondo la propria storia unica ed universale al contempo.
Quindi, altro dato che emerge con chiarezza sin dalle prime pagine, Teorema dell'incompletezza si attesta come un classico romanzo corale e famigliare, dove la famiglia, anche se una famiglia naturalmente sui generis risuona grandemente nell'economia del libro: non però l'archetipo classico della famiglia italiana, con la madre posta al centro, stella fissa attorno a cui tutti gli altri pianeti/parenti ruotano. In questo caso la famiglia costruita da Callieri è quasi esclusivamente una famiglia composta da uomini, da maschi e in questo universo maschile, fatto, ancora una volta, al tempo stesso di forti scatti, magari anche violenti e di improvvisi momenti più dolci, più avvolgenti si snoda una vicenda misteriosa ed inquietante: la già citata morte di un padre, per di più avvenuta in circostanze apparentemente inspiegabili.
Circostanze misteriose e, almeno apparentemente, inspiegabili come buona parte della storia, in questo caso "pubblica", italiana, argomento del quale il libro di Callieri è come continuamente pervaso. Infatti un valore aggiunto di tale opera (che se non la fa assomigliare ad un ottimo esempio di GRA, anzi di GRI, ovvero di Grande Romanzo Italiano, non sappiamo davvero cosa occorra) è quella di mescolare sapientemente la dimensione intima con quella storica, in un continuo e, una volta di più, totale movimento di agglutinazione che porta, senza soluzione di continuità alcuna, il caso Moro alla stregua di una storia d'amore clandestina, gli scontri in Valsusa con le scaramucce tra tifosi romanisti e laziali, i tentativi di golpe e i complotti all'interno dello Stato sullo stesso piano delle incomprensioni tra fratelli.
E proprio qui sta la grandezza, l'assoluta grandezza del Teorema dell'incompletezza: perché è un libro che consegna dignità a qualsiasi evocazione del quotidiano, dall'eccezionale al normale, dal pensiero repentino al fatto storico che si legge sui giornali. Ecco perché il protagonista, il più giovane dei due fratelli, è spesso colto all'interno del suo Io, con le "cavallette" che piano piano gli rodono il cervello dall'interno, simbolo e al tempo stesso archetipo dei "fantasmi della coscienza" di cui solo la grande letteratura può essere connotata.
Ma questo, lo dicevamo anche prima, non è soltanto un libro intimo, un libro tutto chinato nella dimensione fatalmente psicologica delle cose. Infatti queste cavallette cerebrali, per così dire, vengono descritte attraverso risonanti narrazioni che fanno il gustoso verso ad, addirittura, l'Orestea di Eschilo, dimostrando, una volta di più, come la tragedia classica, in particolar modo quella eschilea, sia un archetipo che la nostra civiltà occidentale è ancora lungi dall'abbandonare.
Ecco allora che mescolando, anzi agglutinando tutte queste molteplici suggestioni si ha un libro "grosso", che in poco meno di 350 pagine riesce a descrivere quasi sessant'anni di storia e controstoria italiana ora con levità squisita ora con insondabile profondità, che fa commuovere e riflettere per le mille trame e sottotrame che una famiglia italiana può nascondere e che elegge Roma a città totale della nostra narrativa. Tuttavia manca ancora un ultimo tassello per poter fornire, almeno sommariamente, un quadro generale di cosa sia questo Teorema dell'incompleteza. E, in questo senso, ci aiuta uno stralcio delle motivazioni del Premio Calvino:
Le pagine del romanzo, non ci offrono solamente il racconto serrato e credibile di una vera e propria indagine, ma possiedono una poetica di fondo che costituisce il pregio maggiore del libro: l'incessante tensione tra la necessità di ricordare, personificata dal fantasma del padre (ma forse anche dal fantasma di Moro, che aleggia per tutto il libro), e il desiderio di non sapere, di non farsi "voltare la faccia dagli schiaffi del passato" ‒ resistenza simboleggiata da un esercito di indolenti cavallette che abitano la mente del protagonista ‒, unita al continuo interrogarsi sulla verità di ciò che accade, che non è mai certa né dimostrabile (secondo il Teorema dell'Incompletezza di Gödel).
La "poetica di fondo" è proprio il tratto identitario del libro e di Callieri: ovvero la capacità dello scrittore romano di infondere in ogni pagina il suo personale tocco, di mettere, per così dire, la propria indissolubile firma alla narrazione, rendendola al contempo interessante e stimolante. Un libro giallo che riecheggia di Storia generale e storia particolare.
Ecco perché questo Teorema dell'incompletezza è una foto di famiglia in giallorosso con Eschilo e fantasmi nell'ombra: perché muove nel lettore la stessa curiosità di una vecchia polaroid ritrovata per caso in un baule in cui sono ritratti, oltre se stesso, anche alcuni dei propri famigliari, colti però in atteggiamenti, pose e momenti di cui si era smarrita la memoria. Forse, e ci si consenta il paragone, Callieri è riuscito a plasmare una versione letteraria dell'ultimo, formidabile, Uncharted 4 : come il videogioco infatti Teorema dell'incompletezza evoca i fantasmi di una famiglia. Solo che di questa famiglia facciamo parte tutti noi.
Mattia Nesto
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