di Carl-Johan Vallgren (tradotto da Laura Cangemi)
Marsilio Editori, 2016
pp. 371
cartaceo: € 18,50
e-book: € 9,99
Forse qualcuno ha già sentito nominare Carl-Johan Vallgren, scrittore svedese che alcuni anni fa vinse il prestigioso August Prize per il romanzo Storia di un amore straordinario, l'avventura di un legame forte e dolcissimo tra due creature speciali ambientata nella Russia del 1800.
All'epoca questo divenne il mio libro preferito ma, se pensate che Nel tunnel ricalchi le atmosfere romantiche dell'opera prima di Vallgren, siete fuori strada.
Il giallo di cui ci occupiamo oggi prosegue la serie inaugurata nel 2015 da Il bambino ombra ed ambientata a Stoccolma: siamo nel 2013 e Jorma Hedlund, che possiede un passato costellato dai più svariati crimini, viene contattato dall'amico di vecchia data Zoran per preparare il colpo della vita prima di lasciare definitivamente il mondo della delinquenza e cambiare finalmente esistenza. Il colpo, però, fallisce, e a Jorma non resta che indagarne la ragione.
Nel frattempo ritroviamo un personaggio di cui avevamo già fatto la conoscenza ne Il bambino ombra, Danny Katz, ex analista informatico e proprietario di una piccola agenzia di traduzioni, reduce anch'esso da un passato di droghe ed eccessi che bussa nuovamente alla sua porta sotto le sembianze di Ramón, suo vecchio amico e pusher: la morte di Ramón per overdose e la sparizione della fidanzata, Jenny, conducono Katz lungo una china dalla quale difficilmente riuscirà a risalire indenne.
Infine facciamo la conoscenza anche di Eva Westin, procuratrice all'Ufficio nazionale per i reati internazionali, amica di Jorma e Katz, coi quali ha in passato sperimentato l'ebbrezza delle droghe, sostituite dalle più recenti dipendenze dal lavoro e dal sesso, e che ora si ritrova coinvolta nelle turpi vicende dei due che si svolgono in una Stoccolma tetra e malfamata.
La storia è a tinte forti e ricorda molto le atmosfere incontrate nella trilogia Millennium (Stieg Larsson, 2005, 2006, 2007): Vallgren non fa sconti e adopera un linguaggio assai scarno e cruento.
Inoltre non risparmia al lettore particolari crudi e raccapriccianti su persone spesso dimenticate dalla società che divengono le vere protagoniste del libro: esseri umani che la collettività preferisce spesso ignorare e che, proprio a causa di questa colpevole cecità, sono oggetto delle più turpi pratiche da parte di chi cela (non meno colpevolmente) dietro un rassicurante aspetto borghese la propria natura ferina.
Non tutti riusciranno a tollerare certe frasi, determinati passaggi espositivi, ma la crudezza narrativa, la brutale atmosfera ricreata da Vallgren sono necessarie per far comprendere appieno alcune esistenze ai limiti dell'umano.
Tutto l'intreccio si dipana mirabilmente nel corso della storia e la vicenda assume contorni più chiari man mano che procediamo nella lettura, fino a confluire in un unico disegno.
I personaggi descritti dall'autore all'inizio sembrano assai distanti da noi, ma lentamente ci rendiamo conto che la loro caratterizzazione così mutevole è frutto di una vita che è stata assai spietata con loro, tanto che li ha condotti a combattere per opporsi a tutto il male di cui si sono ritrovati ad essere vittime inconsapevoli, e così nelle ultime pagine le loro paure ci sembreranno alquanto simili alle nostre debolezze.
Il tunnel del titolo non è solo uno spazio fisico, ma anche un luogo dell'anima dove Jorma, Katz ed Eva si ritrovano spesso risucchiati, un vortice che proviene dal loro passato e che a volte non riescono a gestire: sarà proprio Katz quello che sembrerà esserne maggiormente attratto.
Il merito più grande che possiamo tributare a Carl-Johan Vallgren ed a tutta la recente letteratura giallista del nord Europa è quello di riuscire ad indagare nei recessi più oscuri dell'uomo, nelle perversioni più feroci, nei vizi più selvaggi, conducendovi per mano anche il lettore, portandolo ad immedesimarsi con i protagonisti delle storie ed a porsi un inquietante interrogativo a cui già gli antichi scrittori delle tragedie greche avevano cercato invano di rispondere, e che è a tutt'oggi privo di una soluzione: io sono diverso da loro?
"(...) Nei sobborghi della periferia alcuni giovani musulmani si sono convinti che gli ebrei siano la radice di ogni male (...). Io non sono credente. Non porto una kippàh da quando ero bambino. Ma sono dell'idea che ogni essere umano abbia il diritto di vestirsi come vuole senza essere minacciato o malmenato. E questo vale per gli ebrei come per i cristiani e i musulmani (...)".
Ilaria Pocaforza
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