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#ScrittoriinAscolto - Marco Missiroli, ovvero l'arte della seduzione attraverso la parola materica

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Di Marco Missiroli, scrittore riminese (su questo concetto ci ritorneremo più volte) del 1981, si possono dire molte cose ma uno proprio non si può sostenere: ovvero che egli rifugga dalla seduzione. Dalla seduzione intesa come l'arte di sedurre gli altri ed anche, viceversa, come l'arte di farsi sedurre dagli altri o dalle altre situazioni. Questa caratteristica di Missiroli la si è compresa molto bene, nel suo senso più filosofico e materico, venerdì 3 febbraio, quando la casa editrice Giangiacomo Feltrinelli Editore ha organizzato un incontro con alcuni blogger selezionati proprio con lo stesso scrittore. Non tanto una chiacchierata su una precisa opera, Atti osceni in luogo privato (la cui recensione si può trovare qui), l'ultimo romanzo del riminese, è del 2015 e, per stessa ammissione dell'autore, "passerà ancora molto tempo prima che dia alle stampe un nuovo libro", quanto per fare il punto della situazione. Situazione che, va detto in maniera preliminare senza girarci troppo attorno, è una situazione ingarbugliata, sanguigna e scissa come solo l'animo riminese sa essere.
Io vengo da Rimini, dalla Romagna quindi e questo me lo porto sempre dietro, che io abiti a Milano o che sia in viaggio negli Stati Uniti, ho sempre ben presente le mie origini. Conosco la mia gente e so che i riminesi, per quanto concerne i libri, si dividono in due grandi famiglie, in due opposte e diverse fazioni di pensiero: ci sono quelli coltissimi e quelli che vanno al mare. Io ero uno di quelli che andava al mare.
Nonostante una madre insegnante infatti, Marco Missiroli passa gran parte della sua adolescenza non occupandosi troppo dei libri, troppo impegnato ad uscire con gli amici, ad andare sul lungomare di Rimini o a leggere i fumetti nell'edicola dove, tutte le estati, lavoricchiava saltuariamente. Quindi, come egli stesso si definisce, Marco Missiroli è un lettore "tardivo", che ha scoperto la lettura, la lettura seria, in relativamente tarda età, passata i venti. E la chiave di volta di tutto, e della sua vena da lettore e della sua vena da scrittore, è stato merito di Io non ho paura di Niccolò Ammaniti.
Il libro di Ammaniti è stato il mio personalissimo Cavallo di Troia per entrare nel mondo della letteratura. Mi ha fatto impazzire quel volume tanto che, anni dopo, quando ho conosciuto Ammaniti siamo diventati amici quasi all'istante, come se ci conoscessimo da anni. In Io non ho paura ho amato lo stile di scrittura, l'idea in nuce dello scrittore che si gonfia e si gonfia sino ad esplodere in un twist di grande effetto.
Ed è così che lo studente Missiroli, nei primi anni del 2000, mentre si reca a Bologna a pagare bolletta dell'affitto nell'appartamento condiviso, si ritrova a meditare su quella busta di carta. Ci pensa, ci ripensa e da lì scaturisce il nucleo originario di Senza coda, il primo libro dell'autore, ripubblicato oggi da Feltrinelli.
Quando feci leggere la prima bozza completa ai miei genitori mio padre mi disse: "Ma dove l'hai copiato Marco?" e poi rivolto a mia madre: "Ci toccherà comprare tutte le copie". Avevo speso tutti i miei pochi risparmi per farlo rilegare a fuoco e così lo inviai a decine e decine di case editrici. Moltissime me lo rifiutarono, adducendo motivazioni delle quali, ancora oggi, faccio tesoro. Poi Fanucci l'accettò, ma ad una condizione: un pesante lavoro di editing. Mi diedero un cospicuo anticipo, mille euro, molto per un giovane e passai un anno e mezzo circa a scrivere e riscrivere il mio primo romanzo.
Quando affronta il macro-tema letteratura, Marco Missiroli si fa serio da un lato e guascone dall'altro, ondeggiando quasi tra queste due nature che fanno parte della sua stessa identità. Però la sua parola è tagliente, seducente e fa rimanere attaccati alla sedie per continuare ad ascoltarlo.
Nelle prime 30 pagine di Senza Coda non si capisce niente, ma è voluto. Ho cercato di seguire la regola aurea di King: se dopo 56 pagine di un romanzo non succede nulla, allora è da buttare. Pagina 56 è il confine ultimo per far accadere qualcosa, altrimenti il libro è perso.
Il 31 Luglio 2016 su La Lettura è apparso uno degli articoli letterari che ha fatto più discutere negli ultimi tempi, ovvero "Caro editore rifiutami", a firma proprio dello stesso Missiroli. Noi di CriticaLetteraria non potevamo non fargli una domanda in questo senso.

In quell'articolo scrivevi che uno scrittore deve trovare un ritmo, un ritmo nelle pubblicazioni, non lasciandosi trascinare dal tritacarne dell'editoria ma ascoltando solo te stesso. Perciò ti chiediamo: qual è il ritmo giusto per uno scrittore?
Non c'è un ritmo giusto, ogni scrittore ne ha uno suo, personale. Il mio ritmo ideale è un libro ogni tre, quattro anni al massimo. Ma quando sto scrivendo un romanzo sono completamente immerso in quest'opera, penso e vivo in funzione del libro. Per questo quando lo finisco, è come se lo cacciassi via da me, quasi come se gli dessi un calcio: ho bisogno di vivere, ho bisogno di non essere sempre sul pezzo, ho bisogno di estraniarmi da quello che scrivo".
E quando sei in questi periodi di pausa, tra un romanzo e l'altro, cosa fai: leggi, t'informi, studi oppure fai altro?
Per disintossicarmi dalla letteratura cammino, faccio sesso, guardo serie tv e gioco a tennis. E se leggo cerco il più possibile di non osservare i meccanismi letterari, altrimenti è la fine, altrimenti non godo più dell'opera. Nei film questo è molto più difficile e un po' mi piace anche svelare i meccanismi interni prima che, diciamo così, scattino.
A questo punto Marco Missiroli, rispondendo ad una domanda di un altro blogger, specifica meglio la sua collaborazione, in veste di insegnante con la Scuola Holden di Torino.
Io ho potuto fare l'insegnante lì solo grazie a Baricco che mi ha detto: insegna pure col tuo metodo. Se non mi avesse detto così, non lo potrei mai fare. E cosa insegno ai miei studenti? Insegno come si usa la prima persona singolare nella narrazione, che oggi va per la maggiore. E lo faccio dicendo che in quell'io bisogna mettere 3/ di esterno, di letteratura se si vuole, e 1/4 di interno, del proprio personale. In uno scrittore guardo il cosa ma mi interessa il come.
La conversazione con i blogger va avanti a lungo, con soddisfazione di entrambe le parti. Si parla di scrittori amati e meno amati, di letteratura intellettuale italiana e di serie tv ("ma voi riuscite ancora a leggere libri dopo Breaking Bad?"), con grande attenzione per le parole, che Missiroli non butta mai a vanvera ma che, lungi dall'annoiare, utilizza con grande sagacia. Il caso dello scrittore riminese è un caso lampante di come la cosiddetta "nuova scuola autoriale italiana" sia vivida e feconda, per usare due termini dal sapore antico. "In fondo solo uno nato a Rimini può essere schizofrenico abbastanza da fare il caporedattore in una rivista di psichiatria ed aver fatto analisi per molto tempo: in fondo ho un lavoro da anni e questo, per uno in Italia che scrive romanzi, è una vera rivoluzione!". 


Mattia Nesto