Tony e Susan
di Austin Wright
Adelphi, 2011
Titolo originale Tony and Susan
traduzione di Laura Noulian
408 pp.
19,50 €
Scrivere una recensione di questo bel romanzo di Austin Wright è cosa abbastanza complicata. Si rischia, anche cercando di rimanere criptici, di rivelare troppo della trama al potenziale lettore, rovinandogli così il piacere primario della lettura. Che è quello di farsi raccontare una storia.
Cercherò quindi di rivelare il meno possibile. Partendo da una considerazione: con Tony e Susan siamo di fronte a un metaromanzo, una narrazione cioè disposta su tre livelli: a quello più esterno ci siamo noi lettori. Che leggiamo di una donna, Susan. La quale, a sua volta, legge di una vicenda che ha per protagonista un uomo, Tony.
Mi spiego meglio: il romanzo si apre con una lettera che Edward, l'ex marito di Susan, che lei non sente da anni, le invia chiedendole di leggere un suo manoscritto e di dargli un parere. Perché lui, da sempre aspirante scrittore, all'opinione della sua ex moglie tiene molto, nonostante siano passati anni dall'ultima volta in cui si sono sentiti. Il problema è che Susan, durante il loro matrimonio, non aveva grande fiducia nelle capacità di scrittura di Edward e non glielo celava. Anzi, gli rinfacciava di aver abbandonato gli studi in Legge, che avrebbero fatto di Edward un buon avvocato, consentendo così ad ambedue di condurre un'agiata vita borghese, per seguire un sogno irraggiungibile: quello di diventare uno scrittore. E la rottura del loro matrimonio in buona parte si è consumata per questa sfiducia di lei. Susan credeva che l'ex marito, nel frattempo diventato assicuratore, avesse abbandonato le proprie velleità di scrittore. E invece... ecco arrivare un manoscritto. E perché proprio a lei?... Per giunta con quello strano biglietto d'accompagnamento: «Il tuo vecchio Edward, che ricorda».
Susan sente crescere dentro di sé un'inquietudine inspiegabile. Lei ormai ha un'altra vita, un altro marito, chirurgo affermato, tre figli, una bella casa, un lavoro. Anche Edward ha un'altra vita, una moglie, un lavoro. La loro esistenza è proseguita su binari paralleli che non si sono più incrociati. E allora? Che cosa la prende? Perché avverte uno strano senso di paura?
Lo scopriremo anche noi, insieme a lei, leggendo il manoscritto di Edward, che si rivela un romanzo potente e avvincente. Da vero scrittore. Un thriller spietato. Una storia dura, durissima, che ha il pregio di tenere il lettore (e pure Susan) in allarme e in attesa dell'inevitabile.
Ma di che cosa parla questo manoscritto che Susan, accoccolandosi sul divano, si appresta a leggere? Di Tony, un professore universitario di matematica, che è molto soddisfatto della propria vita: un lavoro che gli piace, una moglie, Laura, che ha buon gusto e dipinge, una figlia, Helen, a cui i genitori sono riusciti a dare un'educazione ineccepibile, e poi amicizie di buon livello, letture, opinioni civili e moderne, convinzioni perbene, una casa per le vacanze. Dove, appunto, la bella famigliola si sta dirigendo all'inizio del romanzo, in una giornata d'estate. Tutto bene, quindi. Se non fosse che, a un certo punto, durante il viaggio, alla figlia viene un'idea, che scombussola le solide abitudini familiari: perché non viaggiare tutta la notte e arrivare nel Maine al mattino presto? Dai papà, non fermiamoci a dormire nel solito motel... Tony è restio, ma poi sente nascere dentro di sé una strana adrenalina, quella che deriva dall'insolito. E acconsente, lo sventurato... È questo il preciso momento in cui il romanzo si trasforma in una terribile e spaventosa discesa agli Inferi, in cui l'orrore cola come resina vischiosa. Ma non dirò nulla di più.
Dirò invece della tensione che rimane a livelli altissimi, nonostante la lettura del manoscritto sia interrotta più volte da Susan e quindi da noi, che leggiamo attraverso i suoi occhi. Il libro è infatti costruito su due livelli: la narrazione del romanzo e gli intermezzi di Susan. Che, qualche volta, depone i fogli e torna per un attimo nella realtà: le voci dei figli nelle altre stanze, il marito che telefona, la gatta che si acciambella vicino a lei.
Questa costruzione su due piani ben distinti, che all'inizio può risultare disturbante (vorremmo andare avanti a leggere il manoscritto per sapere che cosa succede), in realtà, si rivela un gioco raffinato: siamo costretti anche noi a confrontarci con le reazioni di Susan, siamo portati a mettere a confronto i suoi pensieri di lettrice con i nostri. Siamo portati ad analizzare i nostri desideri di lettori, le nostre aspettative che, per inciso, potrebbero essere molto diverse da quelle del protagonista, Tony.
Ma tutto questo lavoro di analisi non va a discapito del pathos del romanzo, che riprende intatto dopo ogni interruzione. Mentre intorno a Susan, e di riflesso anche intorno a noi, aleggia sempre quello strano senso di inquietudine. Che non è soltanto dovuto alla compassione per quanto accade al protagonista, ma è riferito a se stessa: com'è possibile che una storia raccontata possa instillarle dubbi, far riaffiorare ricordi, far vacillare certezze? Invece è proprio questo che accade a Susan, la quale, su di noi lettori, ha anche un vantaggio: quello di conoscere bene Edward, il proprio ex marito, lo scrittore. Il quale la porta piano piano, tramite le parole del suo romanzo, a ripensare tante cose di sé, a mettere in dubbio convinzioni, a farsi domande. A partire dalla prima: sono felice nel mio secondo matrimonio? La vita borghese che tanto desideravo, e che Edward con i suoi sogni di scrittore non mi assicurava, mi soddisfa?
E per quanto riguarda noi lettori esterni? Noi non abbiamo un legame con lo scrittore... da dove ci deriva quindi quel turbamento? Se capitasse a noi quello che è accaduto nel romanzo a Tony, come reagiremmo? Un profondo e violento atto di ingiustizia ci trasformerebbe in giustizieri? O continueremmo ad avere opinioni civili, perbene e acconce alla società in cui viviamo? Ecco insinuarsi davanti agli occhi di chi legge il profilo inquietante e adunco della vendetta, ecco che Susan comincia a percepire a che cosa era dovuto il senso di ansia iniziale...
Anche noi alla fine ci accorgiamo che il titolo, Tony e Susan, mettendo sullo stesso piano due personaggi che in realtà appartengono a due livelli distinti, fa parte del gioco. Un gioco costruito assai sapientemente da Austin Wright, che con questo suo lavoro, ci porta a riflessioni profonde, dandoci la sensazione che, in fondo, stiamo soltanto leggendo un romanzo, «solo» una storia. Ma è proprio così?
p.s. dal libro è stato tratto recentemente il film Animali notturni, con la regia di Tom Ford: chi l'ha visto mi ha detto che il senso di angoscia è assicurato...
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